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DIVINO ANDINO – IL ROMANZO

La giornata successiva la dedicammo interamente alla leggenda.

Macchu Picchu, affascinante e misterioso; di questo tempio di pietra non si conosce nemmeno il vero nome, quello noto indica solo l’area geografica in cui si trova.La vegetazione lo ha protetto dalla distruzione, consegnandolo direttamente all’uomo moderno.

Se nella valle sacra potevo gioire delle meraviglie architettoniche sopravvissute alla rovina, come era accaduto in città, qui potevo raggiungere veramente l’orgasmo turistico.

La bellezza della visita consiste semplicemente nel riempire lo spazio che ti circonda, camminare, salire e scendere le scale, rasentare i muri attraverso i vicoli di roccia, entrare nei templi come poteva fare allora un sacerdote e rilassarsi sul prato di enormi terrazze verdi ad ascoltare il silenzio; guardare le nuvole cariche di umidità e godere dei pochi raggi di sole che le attraversano.

Sembra proprio il luogo ideale dove costruire una cittadina misteriosa.

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DIVINO ANDINO – IL ROMANZO

Il giorno seguente lasciammo gli zaini in custodia trattenendo solo alcuni indumenti pesanti e il necessario per il bagno e lasciammo il piccolo paese di Uyuni a bordo di un Land Rover 4×4 per un rally di 3 giorni che sarebbe diventata una delle esperienze di viaggio più belle della mia vita.Avevamo comprato il pacchetto da una certa Fatima, una donna robusta, bassa con gli incisivi contornati da una piccola striscia d’oro e una pallina di grasso sulla punta del naso.Si era dimostrata simpatica e disponibile e ci eravamo accordati per l’onestissima cifra di 600 Bolivianos.

Dei sette posti sul fuoristrada, oltre all’autista Raùl col quale condividevo la passione per la buona musica tradizionale boliviana, c’era il bretone Antoniò di 28 anni, alto,serio,nasuto, due giovanissime sorelle francesi di 20 e 21 anni, molto carine nonostante i tipici denti sporgenti che connotano i cugini d’oltralpe, Hans ventenne di Hamburg, razza ariana, e per finire Vas un ragazzo naturalizzato australiano ma originario dello Sri-Lanka.Non mi stupisce il fatto che siano tutti stranieri e pure tanto più giovani di me, perché è stato un tema ricorrente dei vari viaggi che ho fatto per il mondo, quello di incontrare viaggiatori zaino in spalla di qualsiasi nazionalità fuorché italiana, che generalmente al viaggio di avventura preferiscono spaparanzarsi su un lettino al sole per le due classiche settimane di ferie l’anno e tornare nel Bel Paese felici e contenti senza aver visto altro che la camera d’albergo e il lettino.

Antoniò dirige un centro educativo a Brest e ha approfittato della chiusura invernale per perdersi tra Bolivia e Cile, Hans è appena ventenne e  ha ancora tempo davanti per capire meglio la sua vita, è affascinato dalle culture sciamaniche presenti un po’ in tutto il Sud America e indossa un poncho di lana bianca con geometrie marroni.Quando terminerà il viaggio a Recife, in Brasile, rientrerà a casa e si iscriverà a Psicologia a Brema.Vas, decisamente più fighetto con maniche di camicia risvoltate e Ray-Ban è da poco diventato avvocato in Australia, ma ha deciso di firmare il contratto di lavoro esercitando l’opzione concessa agli universitari australiani di posticipare la data di inizio a un anno dalla laurea.Ha utilizzato 3 mesi di questo tempo per viaggiare in solitaria e terminerà fra poche settimane a Santiago, dove lo aspetta un volo per Sidney.Delle due sorelle, la più giovane, Ivonne ha passato gli ultimi otto mesi in Brasile per uno scambio culturale e linguistico; la maggiore <<Charlotte…nice to meet you>>, <<Hallo! Fransuá nice to meet you too>> è venuta a trovarla e insieme hanno deciso di fare un lungo tour della Bolivia, dopo di che le loro strade si divideranno; chi ritorna a San Paolo e chi prende un bus no-stop fino a Lima per il volo diretto su Parigi dove studia economia finanziaria.

Mi sembra di ritrovare qualcosa del mio passato più o meno recente in ognuno di questi ragazzi: mi sono avvicinato alla vita adulta nell’età mistica e ingenua del giovane Hans, poi ho cercato di convincermi che la strada giusta da prendere doveva essere necessariamente quella verso il famoso “pezzo di carta” quello che sta facendo anche Charlotte, in Finanza, Economia o Giurisprudenza poco importava, dovevo crearmi una posizione, avvicinarmi al mondo del lavoro con la curiosità e l’ottimismo di Vas e abituarmi a quella nuova vita con la fermezza di Antoniò.

Invece, in quel naturale percorso di crescita umana, io, il più anziano, rappresentavo la deviazione imprevista.


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DIVINO ANDINO – IL ROMANZO

Apparentemente Oruro è solo miniere e Carnevale come pensano i tanti turisti che la sottovalutano ma scavando in profondo è pronta a sorprendere; come accadde poco dopo in Calle Ayacucho una volta riconquistata la luce al termine della ripida uscita.Una cosa del tutto inaspettata: lo spaccio diretto di un produttore di vino tra i più famosi di Bolivia: Bodega Campos de Solana (cosa ci faceva in una città di minatori così poco battuta dal turismo?).

Era una marca che ancora non conoscevo, ma l’avevo vista più di una volta nelle carte dei vini di La Paz, a fianco del onnipresente Casillero del Diablo(cileno). Dietro il bancone stava una signora di mezz’età sorridente, probabilmente una parente dei produttori Quando la informammo che eravamo diretti a Tarija(unica zona di produzione di vino in Bolivia), mi appuntò sul retro di un biglietto da visita: Calle 15 April n.259 /663-1933, nel caso volessimo passare a visitare la cantina.

Assaggiai due vini e fu subito amore.

Che gran gusto! Che pulizia! Non so se ero influenzato dalla sorpresa di trovare un banco d’assaggio in un luogo inaspettato, ma i vini mi convincevano. Non hanno un nome, ma solo l’indicazione della varietà con cui sono fatti e l’anno. Monovarietale, Bivarietale, Trivarietale.

Il primo fu un Malbec in purezza, anno 2009. Un vino rosso con riflessi violacei particolarmente carico di colore con odori di frutta rossa  matura e sottofondo di pepe. In bocca lascia una bella persistenza e leggera speziatura, schietto ma non aggressivo.

Poi un fantastico Trivarietal fatto di Cabernet Sauvignon, Merlot e Tannat. Non si sapevano le percentuali, ma sicuramente predominava il Cabernet Sauvignon.

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Un bis di assaggi che avevano aumentato di molto l’aspettativa per la successiva tappa enologica in terra boliviana.Dovevamo rientrare all’ostello, preparare gli zaini e aspettare l’indomani, martedì, il treno settimanale della tratta Oruro-Villazòn con fermata nella notte alla stazione di Uyuni, sempre più a Sud-Ovest, sempre sull’altipiano.


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