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  • Immagine del redattore: Emilia Romagna Tour Guide
    Emilia Romagna Tour Guide
  • 14 ott 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 3 feb 2021

ARISTOTELE FIORAVANTI

Dietro la meravigliosa facciata rinascimentale del Palazzo del Podestà, c’è la mano di un geniale architetto bolognese, forse non eccessivamente famoso, la cui bravura lo ha portato a successi anche molto lontano da Bologna.

#Aristotele Fioravanti, figlio di Fioravante Fioravanti (architetto che contribuì alla realizzazione della parte “gotica” di Palazzo d’Accursio), fu ingegnere e architetto a servizio del comune di Bologna durante la seconda metà del 1400.

La sua impresa del 1455 gli valse il soprannome di “l’uomo che muove le torri”.

Era l’agosto di quell’anno e il comune, in accordo col rettore Achille Malvezzi della chiesa di San Giovanni Gerosolimitano decise di spostare la torre della Magione che sorgeva all’angolo tra le attuali #Strada Maggiore e vicolo Malgrado. Il motivo di questa insolita richiesta poteva essere trovato nel fatto che in quella posizione la torre oscurasse Porta Maggiore, altri invece sostenevano che nelle fondamenta si trovasse il tesoro dei Templari che avevano abitato la torre secoli addietro.

Fu un’impresa ciclopica quasi paradossale certamente incredibile. Le cronache dell’epoca raccontano di gruppi delle più varie persone, di ogni cultura e di ogni ceto sociale, tutte assiepate ad assistere a quello spettacolo tra sospiri, terrore e risa. Molti maligni sostenevano che non ce l’avrebbe mai fatta e che la torre, alta 25 metri e del peso di 400 tonnellate era destinata a cadere al suolo. E invece Aristotele Fioravanti sorprese tutti, traslando in tutta sicurezza la torre di circa 13 metri attraverso un complesso sistema di argani e cilindri.

L’eco della sua impresa giunse in ogni dove. Una lettera con un resoconto dettagliato dell’evento fu immediatamente inviata a Francesco Sforza, duca di #Milano e moltissime città italiane si contesero i servigi dell’abile bolognese, visto che sembrava in grado di fare ogni cosa e di risolvere ogni problema. Ben presto anche illustri sovrani di Paesi lontani si fecero avanti per averlo nelle proprie corti.Oltre che a Milano alla corte Sforzesca, operò a #Firenze presso Cosimo de’Medici e alla corte ungherese dove progettò un robusto sistema difensivo di muri e castelli tra cui il castello di Buda.

Nel 1475, su invito di Ivan III, si recò in Russia, dove diresse la costruzione della cattedrale dell'Assunzione nota anche come cattedrale dell'Assunzione: è la chiesa madre del granducato di Moscovia che si affaccia sulla piazza delle Cattedrali al Cremlino di Mosca.

Edificò questa cattedrale usando una tecnica ultramoderna simile al cemento armato, certamente innovativa per l’epoca che consisteva nell’inglobare uno scheletro di ferro all’interno della costruzione.

Per molti anni #Fioravanti operò prodigi in tutto l'impero, servendo fedelmente Ivan III. Più volte chiese il permesso di poter tornare in patria, facendo intervenire anche il Governo di #Bologna, ma lo zar Ivan III fu irremovibile e negò l'assenso ad ogni sua istanza.

La sua morte rimane un mistero. Pur essendo trattato con ogni servigio non potè più tornare in patria ed è sconosciuto persino il suo luogo di sepoltura.

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  • 14 ott 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

L’albero della Libertà


Sul finire del 1700 molte città italiane furono travolte dall’ondata rivoluzionaria proveniente dalla Francia e dai nuovi valori popolari di libertà, uguaglianza e fratellanza.

Per celebrare quel momento furono piantati al centro delle città i cosiddetti “Alberi della Libertà”. Il primo, fu piantato a #Parigi nel 1790 ed era praticamente un palo sormontato dal berretto frigio rosso e adorno di bandiere nazionali.

Il palo (o l'albero) era un'allegoria della libertà, un simbolo rivoluzionario ma ancorato anche alla tradizione popolare contadina del Calendimaggio ( tradizione viva ancor oggi in molte regioni d'Italia come allegoria del ritorno alla vita e della rinascita legata al culto della primavera). La danza che si ballava intorno all'albero era la Carmagnole che era anche il canto della rivoluzione francese.

#Ravenna non fu esente da questa ventata rivoluzionaria e con l’arrivo delle truppe francesi in città nel 1797 fu piantato il primo Albero della #Libertà.

Generalmente gli alberi della libertà erano piantati nella piazza principale della città e molti di questi alberi furono sradicati una volta passato il periodo rivoluzionario francese, chiaramente osteggiato dal potere pontificio.

Col tempo l'albero assunse anche un’ulteriore valore simbolico; non fu solo l'emblema della libertà, ma anche quello della Repubblica e della rivoluzione sociale, per questo il berretto fu presto sostituito dalla bandiera rossa e fu spesso impiantato in eventi collegati alla ideologia repubblicana.

Al termine delle battaglie risorgimentali del 1849, nella breve parentesi della #Repubblica romana, che interessò anche Ravenna, l’albero della libertà distrutto dallo stato pontificio fu presto ripiantato nello stesso posto in cui si trovava il precedente.

Il patriota ravennate Primo Uccellini, quando scrisse le sue memorie riguardo al tempo della Repubblica Romana del 1849 ricordò che il carbonaro Andrea Garavini che nel 1797 aveva piantato in Ravenna il primo #albero della libertà, gridava "scavate qui che troverete le radici di quell’albero carbonizzato!”

Nel 1904 per ricordare questi eventi, il Comune di Ravenna pose al cento di Piazza del Popolo una targa commemorativa in marmo, restaurata nel 2016.



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  • 14 ott 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 feb 2021

Le Piallasse

Quando l’Imperatore Onorio decise di trasferire la capitale dell’Impero Romano d’Occidente da #Milano a Ravenna, decise di seguire i consigli di tanti strateghi che gli fecero notare che da un punto di vista militare, Ravenna era una città inespugnabile.

Dobbiamo immaginare la città e tutto il territorio circostante in maniera completamente diversa da come è oggi. Ravenna si trovava in un complesso lagunare, fatto di acque salmastre stagnanti che dalla linea di costa si addentravano quasi fino agli #Appennini. Il Mare #Adriatico lambiva la città, basti pensare che al tempo dei Romani si trovava all’incirca dove oggi sorge la Stazione dei treni. La presenza del Porto di Classe poi, ben protetto da mura e torri, garantiva un estremo baluardo difensivo oltre che una eventuale via di accesso agli aiuti dall’esterno. La struttura topografica di Ravenna era quindi davvero particolare, fatta di isolotti collegati da ponti, dune, insenature di acqua salata e fiumiciattoli d’acqua dolce.

Non tutti sanno che a pochi chilometri dal centro cittadino sopravvivono ancora due aree naturali retaggio di quelle antiche paludi che da sempre han circondato Ravenna: sono la Piallassa Baiona e Piomboni.

Il termine Piallassa è di conio prettamente ravennate ed è usato per indicare una vasta estensione di acqua salmastra collegata al mare da un canale e articolata al suo interno da una ulteriore rete di canali suddivisi da barene (dossi). In periodo di alta marea le acque dei fiumi, a causa della debole pendenza, non riescono a defluire in mare ristagnando in queste zone; solo con la bassa marea esse vengono lentamente smaltite. Da cui il significato del termine pialassa, vale a dire “piglia e lascia”.

La Pialassa della Baiona è un'area naturale protetta situata nel comune di Ravenna, a circa 10 km a nord della città. L'area è caratterizzata da un bacino lagunare di acqua salmastra, con limitatissimi apporti di acqua dolce e tra canali e chiari d’acqua trovano habitat numerose specie vegetali come giunchi, salicornie e arbusti (tamerici, rovi e vitalba) che di uccelli come avocette, cavalieri d’italia, fratini e garzette.

Lungo i canali si trovano numerosi capanni da caccia e da pesca, presso uno dei quali - denominato Capanno del Pontaccio - trovò rifugio Giuseppe Garibaldi il 7 agosto 1849.

La Pialassa dei Piomboni invece, molto più piccola della precedente è localizzata a Sud del #Porto Canale di Ravenna, il Candiano, tra le ultime propaggini urbane e la zona litoranea. Questo ecosistema interessa la zona umida della Pialassa, la pineta costiera e il mare con l’importante sistema di dune attive.

Anche qui trova ospitalità una variegata avifauna come l’avocetta, il cavaliere d’Italia, la starna oltre a uccelli migratori come gli svassi e i fenicotteri rosa.

Purtroppo questa area è interessata da un forte presenza industriale e umana che nel tempo, ha alterato l’equilibrio naturale in maniera significativa.

Nel 1981 le Piallasse ravennati sono state incluse nelle liste delle zone umide italiane di importanza internazionale tutelate dalla Convenzione di Ramsar.

La pineta di San Vitale e le piallasse ravennati insieme alle zone umide di Volano, Mesola e Goro; il centro storico di #Comacchio, le Valli di Comacchio, la pineta di Classe e le Saline di #Cervia fanno parte del Parco regionale del Delta del Po, per un’estensione di 54 000 ettari tra le province di Ferrara e Ravenna. Il 2 dicembre 1999 il parco del delta del Po è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell'umanità stilata dell'#UNESCO, aggiungendosi al territorio della città di #

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Ferrara.

 
 
 

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